domenica 12 febbraio 2017

ÁRPÁD WEISZ - Sulla Terra per allenare


Árpád Weisz nasce a Solt, in Ungheria, il 16 Aprile del 1896. Nasce in una terra che sta rivoluzionando il calcio non da molto nato in Inghilterra. Figlio di ebrei, Árpád gioca la sua carriera da calciatore in patria, in Italia, in Cecoslovacchia e in Uruguay. Nel 1924 viene chiamato dalla sua nazionale per le Olimpiadi di Parigi anche se non giocherà. Il suo ruolo era quello dell'ala sinistra, giocava discretamente. Però il destino vuole che Weisz sfonderà come allenatore. Dopo poco tempo di apprendistato in Sudamerica e all'Alessandria, Árpád allenerà il club dell'Ambrosiana (squadra che poco tempo dopo sarà conosciuta come Internazionale Milano Football Club, creata da degli ex soci dell'appena nato Milan) con la quale vince subito lo scudetto a soli 34 anni, diventando quindi l'allenatore più giovane di sempre a vincere il campionato italiano. Inoltre Árpád Weisz nella sua permanenza a Milano scopre un certo Giuseppe Meazza. Dopo le parentesi con Bari e Novara va ad allenare il Bologna. Con i rossoblu dimostra probabilmente di essere il più grande allenatore di allora, portando la squadra a vincere lo scudetto e il Trofeo dell'Esposizione Universale a Parigi battendo 4-1 il Chelsea conducendo così il Bologna sul tetto d'Europa. Nel 1938 in Italia entrano in vigore le leggi razziali contro gli ebrei. La famiglia Weisz è costretta a scappare dalla penisola e si rifugia a Parigi. Il più grande allenatore d'Europa rimane senza lavoro e in cerca di squadre da allenare. Arriva una proposta dal Dodrecht, in Olanda. Andarci sarebbe come consegnarsi ai nazisti però l'amore che prova Árpád per il calcio supera ogni cosa. Con il Dodrecht la prima stagione trova la salvezza e la seconda stagione Árpád porta la squadra addirittura al 5° posto in campionato. Quella sarà la sua ultima stagione, perché la sua famiglia viene portata nei campi di sterminio. La moglie e i figli troveranno subito la morte ad Auschwitz. Lui morirà circa 15 mesi dopo, il 31 Gennaio del 1944. Di lui non ci sono tante memorie. La sua storia è ben raccontata nel documentario di Federico Buffa e nel libro di Matteo Marani “Dallo scudetto ad Auschwitz”. I due infatti hanno ricevuto un riconoscimento dalla comunità ebraica di Milano, perché certe storie è giusto che non siano dimenticate ma che rimangano nella memoria finchè essa non avrà fine.

                                                                                                                                           FB


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